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lunedì 24 settembre 2012

IN COMPAGNIA DI UNA CLOCHARD






È un pomeriggio grigio e freddo nella Capitale. Sono seduta alla fermata del tram, quando sento una voce: “Signorina, scusi?”. Mi giro e vedo una signora sulla settantina, intimidita. “Ha una sigaretta?” mi chiede, e mi guarda leggermente intimorita. “Mi dispiace, non fumo” le rispondo. Sfodera un sorriso, e dice: “Fa bene, nemmeno io fumavo alla sua età. Posso sedermi? Fa freddo oggi, credo pioverà”. La guardo avvolta in uno scialle rosso, ai piedi ciabatte consumate dai passi e dal tempo. Sorride, e mi chiede le ore: “Quattro e mezza, signora”. “Oh, ma quale signora…” dice divertita, “mi chiamo Marta. Per gli amici Cocò”. Sorride ancora, capisco che ha una gran voglia di parlare. “Cocò… Come Chanel?” chiedo io. “Sì. Mia madre era sarta, ho ereditato da lei la passione per la moda. Da bambina disegnavo abiti per le mie bambole. Mio padre era ferroviere, quindi non era mai in casa, e io mi dilettavo nella bottega di mamma. Ah, che tempi…”.
Un velo di tristezza si posa sui suoi occhi azzurri sporchi di cielo. Provo una tenerezza assurda per questa signora così dolce: non oso farle domande, ma lei è un fiume in piena. “La sto annoiando, signorina?”. “No, si figuri. Comunque mi chiamo Federica”. Mi spiega che ha una nipote della mia stessa età. “Vive lontana?” chiedo imbarazzata. “Non lo so, non so niente di lei. Credo che non sappia nemmeno di avere una nonna: mio figlio ha seguito il padre, ed è sparito”. La guardo confusa, Marta comprende il mio disagio e continua: “Eh, gli amori sbagliati… La vita non è stata troppo buona con me, ho perso i miei genitori a poca distanza di tempo, mi sono ritrovata sola a vent’anni e ho sposato il primo uomo che mi ha corteggiata”. L’uomo si chiamava Ernesto: era molto più grande, e innamorato dei suoi soldi. Ernesto le ha preso tutto, a partire dalla sua dignità: giocatore e alcolizzato, ha sperperato i risparmi di Marta e i sogni della famiglia.
Un giorno andò via con un’altra donna, il figlio seguì il padre e alla signora Marta rimasero solo i debiti e la strada: la casa l’aveva persa Ernesto a poker. È incredibile la forza d’animo di questa donna minuta. “Ci chiamano ‘gli invisibili’, siamo nessuno e veniamo catalogati come tali. Sa quante ne ho subite? Ma non ho mai chiesto soldi, mi vergogno… Vado alla Caritas, ma molte volte non ci riesco e mi dico: ‘Va bene, Marta, oggi sei a dieta”. Vorrei abbracciarla, sono completamente rapita dalla sua dolcezza: nel frattempo passano gli autobus, ma non importa. Voglio ascoltarla ancora.
Alcuni clochard arrivano da altre città del mondo, altri dal mare, ma tutti finiscono a Roma: è il punto d’arrivo, il “molo” da dove far ripartire la loro vita. Sono tanti, e saranno sempre di più. Il loro numero varia tra gli 8 e i 10 mila. Per il comune di Roma significa emergenza continua. I senzatetto non hanno nome e cognome, e dormono dove capita: chi nelle stazioni, nascosti come randagi, chi sulle panchine, nei portoni o sotto i portici. Le mense comunali erogano normalmente 3.500 pasti al giorno, ai quali vanno aggiunti quelli serviti nei centri di accoglienza. I posti per dormire messi a disposizione dal Comune sono già quasi 4.000, e sono in crescita.
Nel frattempo Marta continua a raccontare, ma con mio grande dispiacere si è fatto tardi. Mi congedo mettendole 5€ tra le mani, “per il caffè che non ci siamo prese”. Lei mi guarda imbarazzata e mi ringrazia. Vado via, ma più di una volta mi giro a guardare Cocò che saluta con la mano. Sono felice, arricchita da uno scricciolo di donna infreddolito. Intanto il giorno finisce e scende la pioggia. Penso a Marta, mi chiedo se ha trovato un riparo e mi addormento col cuore gonfio di gioia ripensando alle sue ultime parole: “La vita è troppo breve per essere infelici”.

Scritto da: Federica Carnevale

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