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mercoledì 30 gennaio 2013

Samsung Galaxy S3 batte iPhone 5: è il più raccomandato nei negozi

Samsung Galaxy S3

l Samsung Galaxy S3 vince una battaglia sull’iPhone 5: il device dell’azienda sudcoreana è il più raccomandato nei negozi, almeno quelli britannici. La notizia è stata riportata da Cnet UK che sottolinea come, in questo momento, la guerra tra i due dispositivi sia più che mai accesa.
Una ricerca di Informa Telecoms and Media ha evidenziato come l’iPhone 5 sia consigliato solo presso due delle otto principali catene di rivenditori del Regno Unito prese in esame. I restanti megastore di elettronica, al contrario. tendono a spingere il Samsung Galaxy S3 o il Samsung Galaxy Note 2.

La notizia è abbastanza curiosa, soprattutto se pensiamo al fatto che l’iPhone 5 è più recente del Samsung Galaxy S3 ed è stato accompagnato da una campagna pubblicitaria molto spinta. Per quanto il mercato preso in esame dalla ricerca è limitato al solo Regno Unito, il risultato è in linea con quanto Samsung, nell’ultimo trimestre del 2012, ha ottenuto, con un incremento del 76% dei suoi profitti rispetto allo stesso periodo del 2011.
Sarebbe interessante conoscere quale sia la situazione italiana, capire se, nel nostro paese il melafonino viene preferito al Samsung Galaxy S3 o, al contrario,  anche per noi, vale lo stesso scenario descritto oltre Manica.
Si potrebbe, tuttavia, partire con l’esperienza dei nostri lettori: recandovi nei grandi negozi di elettronica, quale device viene raccomandato dagli addetti alle vendite o maggiormente pubblicizzato sui volantini? Un iPhone 5 o un Samsung Galaxy S3?

iOS 6.1 migliora la durata della batteria dell’iPhone? (Sondaggio)

iOS 6.1 6.0.1 Update1 150x150 iOS 6.1 migliora la durata della batteria delliPhone? (Sondaggio)

Lunedì sera, dopo lunga attesa, Apple ha rilasciato pubblicamenteiOS 6.1 per iPhone, iPad e iPod touch. Nelle note di release della più recente versione del sistema operativo non c’è alcun riferimento esplicito al miglioramento delle prestazioni della batteria,generalmente ritenute insoddisfacenti da molti utenti di iOS 6.0.2.Tuttavia l’impressione globale, a giudicare da quanto si legge soprattutto sui social, è quella di un aumento della durata di una carica, sia su iPhone 5 sia su dispositivi meno recenti. Non mancano però casi di utenti che lamentano l’effetto diametralmente opposto con performance peggiorate dopo l’update.
Quali sono le vostre impressioni dopo una giornata piena di utilizzo iOS 6.1?


Un rapido check in redazione, realizzato poco prima della stesura di questo articolo, ha fornito questo risultato:
  • iPhone 4 (Wind) – durata della batteria sensibilmente migliorata
  • iPhone 5 (Tre) – durata della batteria migliorata
  • iPhone 5 (Wind) – nessun cambiamento sensibile
  • iPhone 4 (Tim) – sensibile peggioramento
Rispondete al nostro sondaggio e se volete diteci la vostra in maniera più approfondita nei commenti. Siamo curiosi di allargare un po’ il campione per cercare di capire se effettivamente per la durata della batteria degli iPhone questo iOS 6.1 può essere considerato un passo avanti o un passo indietro.

Lasciate commenti e fateci sapere!!

YouTube verso la monetizzazione

YouTube verso la monetizzazione
Si comincerà con pochi canali, poco più di una ventina. Si comincerà con importi molto contenuti. Così YouTube spera di risucchiare TV via cavo e nuovi contenuti.


Roma – Secondo “fonti a conoscenza della materia” del Wall Street Journal, YouTube avrebbe in corso degli accordi con alcuni fornitori di contenuti la cui produzione verrebbe messa a disposizione degli utenti previo pagamento di un abbonamento mensile.
Secondo le stesse fonti, la dirigenza di YouTube starebbe anche riponendo speranze in alcune emittenti TV via cavo, le cui precarie condizioni economiche  dovrebbero invogliare a “migrare” sul portale video di Google, a condizioni meno gravose.
Tra le prime aziende a riferire sul potenziale piano di generazione profitti di di YouTube c’è Ad Age. “YouTube ha contattato un piccolo gruppo di produttori TV e ha chiesto loro di presentargli delle applicazioni in grado di creare canali per il cui accesso gli utenti dovranno pagare”, ha dichiarato Jason Del Rey di Ad Age.
Secondo quanto rivela l’azienda di advertising, i primi canali costeranno tra uno e cinque dollari al mese e sottolinea che YouTube starebbe considerando di consentire ai produttori di chiedere oboli anche per accedere a librerie di eventi ed eventi live. Il Journal, dal canto suo, lancia il sasso e suggerisce che un obolo potrebbe essere chiesto anche per eventuali trasmissioni in differita.
Secondo il quotidiano, comunque, l’applicazione di questo modello non sempre ha funzionato bene come sperato. Analizza il caso specifico di Revision3, azienda che possiede un canale chiamato Diggnation e dedicato a tecnica e cultura. Nel 2008, racconta il Journal, Diggnation ha permesso agli utenti di accedere a pagamento in anteprima a video che sarebbero stati pubblicati qualche giorno dopo.
Ma ha cessato presto: in breve, l’azienda si è resa conto che era un modello poco accattivante rispetto al concentrarsi sulla pubblicità da inserire nei video. Sarebbe, secondo il Journal, anche stata sospinta dal constatare che spesso alcuni utenti più smaliziati postavano i video di Diggnation su altri siti.
Tornando a YouTube, il megaportale video già offre alcuni contenuti a noleggio e un nuovo scenario come quello prefigurato dal quotidiano finanziario aprirebbe nuovi spazi. Ovviamente resteranno gratuiti tutti gli User Generated Content (UGC, i contenuti generati dagli utenti).
Secondo quanto ha anticipato Ad Age, inizialmente ci sarà un piccolo gruppo di “canali”, probabilmente intorno a 25. La suddivisione dei profitti pare orientata al rapporto 45/55 per cento, come già avviene per la pubblicità su YouTube. Anche i partner, a quanto sembra, potrebbero inserire delle pubblicità nei loro canali a pagamento ma non è ancora chiaro in quale forma. Tra l’altro, su canali che si pagano, c’è da fare attenzione a non urtare la suscettibilità degli spettatori: potrebbe trasformarsi in un’arma a doppio taglio.

Il decalogo di Adiconsum contro i falsi annunci di lavoro

Una dozzina di frodi ai danni dei giovani disoccupati che cercano lavoro. Adiconsum presenta un decalogo per riconoscerle ed evitarle
Il decalogo di Adiconsum contro i falsi annunci di lavoro @ shutterstock

Un giovane su tre è disoccupato. Ed aumenta anche la percentuale dei demoralizzati, che hanno perfino smesso di cercare lavoro. L’elevata disoccupazione giovanile crea un terreno fertile anche per il cyber-crime e per coloro che lucrano a danno dei giovani e del loro diritto a trovare un lavoro. Da una ricerca condotta da Adiconsum e Movimento difesa del cittadino, nell’ambito del progetto “Lavoro sicuro“, cofinanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, sono emerse ben 12 tipologie di frodi e pratiche commerciali scorrette ai danni dei giovani in cerca di lavoro o di offerte formative/aggiornamenti professionali.
Le 12 tipologie di frodi comprendono: il lavoro a domicilio, le vendite porta a porta, i servizi telefonici a pagamento, le iscrizioni alle banche dati, i corsi di formazione, le borse di studio, la realizzazione di book fotografici, le associazioni in partecipazionei falsi periodi di prova, iltrasferimento di denaro, le catene di S. Antonio e il marketing piramidale, i documenti da firmare.
Comuni denominatori di queste truffe sono le false promesse in cambio di un esborso di denaro o corsi di formazione di scarsa qualità pubblicizzati come gratuiti salvo poi la richiesta del versamento di somme per il proseguimento delle lezioni. Per sventare questa ondata di frodi, Adiconsum e Movimento difesa del cittadino hanno stilato un Decalogo per i giovani in cerca di un’occupazione su come riconoscere ed evitare di cade nella trappola dei falsi annunci di lavoro.
“Le frodi perpetrate ai danni dei giovani in cerca di lavoro presentano risvolti psicologici e sociali particolarmente gravi – denunciano Pietro Giordano, Segretario generale Adiconsum e Antonio Longo, presidente di Movimento Difesa del cittadino – A livello personale, esse producono nelle vittime un abbassamento della propria autostima, a livello sociale, minano la fiducia e le aspirazioni dei giovani che vedano nel lavoro non solo uno strumento di realizzazione personale, ma anche di contributo dato alla società civile e al Paese tutto”. “Essa verrà sottoposta alla riflessione dei decision makers, degli operatori economici del settore e delle istituzioni competenti. Se tutti offrissero anche soltanto un supporto alla visibilità di questo tema, si potrebbe abbattere il numero delle giovani vittime che ogni anno incappano in truffatori privi di scrupoli“.
Ecco il decalogo di Adiconsum. Innanzitutto, i ragazzi devono tenere presente che le aziende affidabili non nascondono nulla: descrivono subito il lavoro offerto, i requisiti richiesti e il compenso. Fanno leggere e firmare un contratto prima di iniziare qualsiasi sorta di attività. Inoltre, una società seria che vi offre un’occupazione (in ufficio o da casa), vorrà certamente vedere prima il vostro curriculum vitae e le vostre referenze. Quando un’offerta sembra troppo bella per essere vera, probabilmente è falsa.
I giovani devono diffidare delle aziende che non indicano la propria ragione sociale e partita Iva. Meglio svolgere ricerche online: per esempio nel Registro Imprese della Camera di Commercio o sul sito dell’Agenzia dell’Entrate – per verificare l’affidabilità dell’azienda proponente. Conviene non fidarsi delle aziende che chiedono contributi economici per poter avviare il rapporto di lavoro. Chi cerca lavoro, non deve comprare kit o materiali di qualsiasi tipo necessari per l’avvio di un’attività a domicilio. Chi chiede di fornire dati personali, indirizzi e-mail e recapiti telefonici con la promessa di ricontattarvi, non è un’azienda ma è un tramite di catene di Sant’Antonio. È meglio riflettere e verificare la validità e l’autenticità dell’offerta. Diffidate di chi ha fretta di farvi concludere.
Infine: non iscrivetevi a corsi o training di avviamento al lavoro a vostre spese. Di solito l’azienda che assume si fa carico delle spese per la formazione dei dipendenti. Nei rari casi in cui il corso viene addebitato al lavoratore, non bisogna mai anticipare corrispettivom, che se mai sarà detratto dal primo stipendio.

L’iPad da 128GB esiste davvero: Apple l’ha appena lanciato

iPad 128GB


Come previsto, Apple ha rilasciato un iPad da 128GB. Peccato che abbia un costo davvero un po’ elevato.
Il nuovo iPad ha lo stesso retina display del suo fratello già in commercio, lo stesso design, le stesse due versioni (bianca e nera) e le stesse componenti interne con una sola eccezione: un sacco di storage in più.
Molto di più di quanto chiunque abbia mai sentito la necessità su un tablet. Il costo è di 800 dollari per la verione solo wi-fi e di 930 per quella che include anche la connessione 4G.
Dopo averci convinti (tutti?) a buttare file, musica, film e tutto il resto sul cloud proprio perché i dispositivi con molto storage risultano costosi, adesso arrivano i tablet con una gran quantità di memoria ad un prezzo decisamente elevato.
Forse il target a cui si rivolge Apple con questo tablet è fatto da super professionisti che devono poter lavorare su file molto grossi, ad esempio disegni di AutoCAD da architetti e che se comprano una cosa del genere la mettono sul conto dell’azienda, come la cena di rappresentanza con il vino da 150 euro.
Il nuovo iPad da 128GB sarà in commercio a partire dal prossimo martedì, ma a quanto pare, per ora, solo negli States.