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martedì 18 settembre 2012

Organi «su misura» con le staminali prelevate dai pazienti


Dopo la trachea, allo studio rene e fegato. Protagonista un «cervello» italiano ora a Stoccolma

Paolo MacchiariniPaolo Macchiarini
La storia di Andemariam Beyene, ingegnere geotermico di origine eritrea, ma emigrato in Islanda con una moglie e due figli, è la prova scientifica che l'idea di costruire in laboratorio organi da trapiantare nell'uomo può funzionare. Beyene aveva un tumore grosso come una palla da golf che gli ostruiva la trachea ed era spacciato, ma un medico italiano del Karolinska Institutet di Stoccolma, Paolo Macchiarini, ha tentato l'impossibile: la sostituzione della trachea malata con un organo costruito in laboratorio e fatto di un'impalcatura artificiale sulla quale erano cresciute, sempre in laboratorio, cellule staminali del paziente stesso (prelevate dal suo midollo osseo) capaci di formare il tessuto della trachea. A quindici mesi di distanza dall'intervento, Beyene sta bene.
ARCHITETTO DEGLI ORGANI - Macchiarini è un «architetto degli organi» ed è noto alle cronache italiane e internazionali perché, qualche tempo fa, gli è stata negata una cattedra a Firenze e lui è emigrato a Stoccolma, chiamato dal prestigioso Karolinska, dove sta portando avanti ricerche sulla medicina rigenerativa. È un leader, ma non è il solo a occuparsi di questi studi. Alla Wake Forest University nel North Carolina hanno già costruito e trapiantato, in alcuni pazienti, una vescica artificiale e ora stanno lavorando al rene e al fegato. Altri laboratori in Cina e in Olanda si stanno occupando di vasi sanguigni artificiali (arterie soprattutto) che sono già state impiantate, con successo, in animali da esperimento.
NUOVA FRONTIERA - È la nuova frontiera della medicina rigenerativa. Fino a una ventina di anni fa la ricerca scientifica immaginava l'uomo del nuovo millennio come un essere bionico costruito con organi artificiali: pompe meccaniche al posto del cuore, filtri miniaturizzati capaci di lavorare come un fegato o un rene, telecamere microscopiche e ricetrasmittenti computerizzate per riacquistare la vista o l'udito. Poi le cellule staminali hanno rivoluzionato i piani della ricerca e gli ingegneri dei tessuti si sono sostituti agli esperti di meccanica e di elettronica. Nel 2001 Joseph Vacanti, direttore del Laboratory for Tissue Engineering and Organ Fabrication al Massachusetts General Hospital di Boston e pioniere di questi studi, aveva detto in un'intervista al Corriere : «Tento di creare organi in laboratorio perché mancano organi da trapiantare». E lui stava già studiando il cuore bioartificiale. Certo, questa ricerca richiede tempi lunghi, ma oggi le cellule staminali stanno offrendo nuove opportunità. L'idea è quella di usare staminali da «seminare» su apposite «impalcature» per creare nuovi organi. Finora sono state utilizzate impalcature «artificiali» come nel caso della trachea di Beyene, ma i ricercatori stanno trovando soluzioni più naturali. Nel laboratorio di Macchiarini a Stoccolma Philipp Jungebluth ha costruito un abbozzo di un cuore e di due polmoni (stiamo parlando di esperimenti sul topo) eliminando, con un detergente, le cellule, ma conservando lo scaffold (l'impalcatura, appunto) degli animali, su cui far crescere le cellule del paziente. Usare un'impalcatura «naturale» (invece di quella sintetica come per la trachea trapiantata a Beyene), ricavata da organi animali o, in prospettiva, da cadaveri, può servire per ridurre al minimo i rischi di rigetto. Perché è proprio questo il fine ultimo della medicina rigenerativa con cellule staminali prelevate dal paziente: costruire fegati, cuori, reni, pancreas, cioè organi da trapianto, con le cellule del paziente da curare in modo non siano rigettate e non richiedano farmaci per contrastare il rigetto.

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