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martedì 25 settembre 2012

I MITI E LE LEGGENDE DI SICILIA(parte 2)




Gli scongiuri del popolo siciliano
Tra le credenze popolari c’è la convinzione che dei poteri soprannaturali possono difendere e proteggere e per questo esistono vari scongiuri: contro il malocchio, contro varie malattie come quelle degli occhi e quelle esantematiche dei bambini, contro gli animali nocivi e le tempeste e per le questioni amorose. Buona parte di queste credenze popolari sono oggi raccolte nel Museo Etnografico Siciliano a Palermo, Museo fortemente voluto da Giuseppe Pitrè.
La pantofola della regina Elisabetta
Maletto è in provincia di Catania. Quando nel 1603 i diavoli gettarono la regina dentro il cratere dell’Etna sulla rupe "Rocca Calanna" cadde una pantofola della regina Elisabetta.
Molto tempo dopo, un pastorello ritrova tale pantofola, la volle toccare, ma si bruciò.
Fu chiamato un frate esorcista e la pantofola volò su una torre del castello di Maniace, presso Bronte.
Nel 1799 tale castello fu donato dai Borbone all’ammiraglio inglese Orazio Nelson, durante una festa da ballo a Palermo. In quell’occasione una dama misteriosa, si dice il fantasma della regina Elisabetta, donò a Nelson un cofanetto contenente la fatidica pantofola; e gli raccomandò di non farla mai vedere a nessuno.
Ma l’amante dell’ammiraglio, Emma Hamilton, riesce a trafugarla. La stessa notte l’ammiraglio vede in sogno la misteriosa dama che gli ricorda che ha perso tutta la sua nfortuna. Pochi giorni dopo Nelson morì nella battaglia di Trafalgar, esattamente il 21 ottobre 1805.
La leggenda della bella Angelina 
Spiega il toponimo di Francavilla di Sicilia (ME)
La leggenda popolare racconta della nobile fanciulla Angelina di cui era innamorato il delfino di Francia. Questi, durante il Vespro, la rapì ed Angelina raccomanda alla sua ancella Franca di vegliare (Franca, vigghia!), per essere pronte al momento dell’atteso segnale di partenza.
La leggenda dei due fratelli 
Spiega l’origine del monte Mojo, in provincia di Messina, monte che ha l’aspetto di un cumulo di grano.
Essa parla di due fratelli, di cui uno era cieco e l’altro profittatore il quale, al momento della spartizione del grano, cercava di imbrogliare il fratello cieco riempiendo il moggio completamente quando toccava a lui e dal fondo quando toccava al fratello cieco. Quest’ultimo, passando la mano sul misero mucchio, si raccomandava agli occhi del Signore che attuò le giuste vendette: alla fine della fraudolenta spartizione una folgore bruciò il fratello ladro e trasformò il mucchio di frumento nell’attuale monte Mojo.
L’elefante di Catania
Il simbolo di Catania dal 1239 è legato ad un’antica leggenda legata alla sua origine. Questa leggenda narra che quando Catania fu abitata per la prima volta, tutti gli animali feroci furono allontanati da un elefante al quale i catanesi, per ringraziamento, eressero una statua, da loro chiamata “liotru”, correzione dialettale del nome Elidoro, un dotto catanese dell’VIII secolo bruciato vivo nel 778 dal vescovo di Catania San Leone II il Taumaturgo, perché, non essendo designato vescovo della città, disturbava le funzioni sacre con magie, tra cui quella di far camminare l’elefante di pietra.
Diverse ipotesi sono state fatte per spiegare l’origine e il significato di tale statua, oggi visibile in Piazza Duomo.
Di queste ipotesi, due sono meritevoli di menzione:
1) quella dello storico Pietro Carrera da Militello che lo spiegò come simbolo di una vittoria militare dei catanesi sui libici;
2) quella del geografo arabo Idrisi nel XII secolo secondo la quale l’elefante è una statua magica costruito in epoca bizantina per allontanare da Catania le offese dell’Etna.
Pietra del mal consiglio
Ricorda gli eventi legati alla morte di Ferdinando il Cattolico (23 gennaio 1516), quando il viceré Ugo Moncada rifiutò di lasciare la carica e scatenò una guerra civile partì da Palermo e che funestò la Sicilia per tre anni. A Catania, dove la rivolta aveva numerosi seguaci, i nobili ribelli scelsero per le loro riunioni un giardino nel piano dei Trascini vicino un capitello dorico e un pezzo di architrave, entrambi in pietra lavica.La lotta continuò finche i fautori del Moncada non furono sconfitti. Il nuovo viceré, Ettore Pignatelli, stroncò le ribellioni colpendo direttamente e ferocemente i responabili. Il Senato della città, a ricordo di questi avvenimenti, spostò i due avanzi lavici: il capitello, da allora chiamato "Pietra del mal consiglio" fu innalzato nel piano della Fiera (oggi Piazza Università) mentre l’architrave fu sistemata all’ingresso del palazzo della Loggia. La pietra del mal consiglio nel 1872 fu posta nella corte del Palazzo Carcaci ai Quattro canti. L’architrave si trova nel cortiletto posteriore del teatro Massimo Bellini.
Il Viceré e la Baronessa
Alla fine del XVI secolo don Marcantonio Colonna era viceré in Sicilia. Quando giunse a Palermo si innamorò della nobildonna Eufrosina Valdaura, moglie del nobile Calcerano Corbera e baronessa del Miserendino. Il marito e il suocero pronunciarono minacce contro il viceré durante un ricevimento. Il viceré, temendo per la sua vita, fece arrestare il suocero della baronessa per debiti non pagati; l’uomo morì di li a poco nel carcere della Vicaria. Il marito fu trovato ucciso. Dopo un breve periodo di lutto la baronessa celebrò il suo amore con il viceré che fece preparare alcune stanze su Porta Nuova per i loro incontri amorosi e fece costruire una grande fontana nei pressi di piazza Marina adorna di sirene, putti e creature marine dove spiccava l’immagine di una sirena che ricorda l’effige della baronessa Eufrosina del Miserendino.
La leggenda di Jana di Motta
Nel 1409 Bianca di Navarra divenne Vicaria del regno, e il Conte di Modica Bernardo Cabrera avrebbe voluto sposarla per aumentare il suo potere. La regina Bianca non volle sposarlo ed il conte la inseguì per tutto il regno. La regina chiese aiuto al suo ammiraglio Sancio Ruiz de Livori che catturò Giustiziere facendolo rinchiudere nel Castello di Motta. Una congiura era in atto contro il Conte: Jana, una fedele e astuta damigella della regina Bianca, d’accordo con l’ammiraglio Sancio e della regina, si travestì da paggio e si fece assumere dal conte convincendolo a tentare un’evasione per cercare di sposare la regina Bianca. Il conte abboccò e una notte, fattolo travestire da contadino, Jana lo fece calare da una finestra del castello con una corda; ma ad un certo punto, Jana mollò la corda,e il conte cadde dentro una grossa rete preparata precedentemente dove rimase tutta la notte; al mattino Jana, rivelatasi,lo fece imprigionare al Castello Ursino di Catania.
Il fiume di latte
A Catenanuova in provincia di Enna, ed esattamente in contrada Cuba, esiste un’antica masseria che in passato fungeva anche da albergo e da stazione di posta. Una lapide sotto il balcone ricorda che in quella stazione pernottarono un re e una regina nel 1714 ed il poeta tedesco Wolfgang Goethe con l’amico e pittore Crisoforo Kneip.
La coppia regale vi pernottò nel 1714 a causa del marchingegno del cavaliere Ansaldi da Centùripe, il proprietario della masseria-albergo, che voleva ossequiare personalmente il re Vittorio Amedeo II di Savoia, re di Sicilia dal 1713, che con la regina Anna d’Orlèanns si stava recando a Messina per tornare in Piemonte. Quando il corteo reale stava per giungere alla sua masseria, il cavaliere ordinò ai suoi dipendenti l’ordine di versare nel torrente vicino tutto il latte che avevano munto quel giorno. Quando il re fu avvisato dalle sue guardie, incredulo, volle assaggiare e riconobbe che i suoi uomini avevano ragione. Il cavaliere Ansaldi si rivelò ed ammise tutta la storia ed il suo desiderio. L’invito fu gradito al re che alla partenza nominò Ansaldi Capitano onorario delle Guardie reali.
L'isola Ferdinandea
Fra Pantelleria e Sciacca nel 1831 spuntò un’Isola vulcanica.I fenomeni eruttivi si presentarono a metà luglio per cessare nei primi di agosto quando l’isola raggiunse il suo massimo sviluppo. Nella parte nord c’era il cratere con due bocche eruttive dalle quali uscivano i materiali vulcanici. L'eruzione durava da mezz'ora ad un'ora ed era ad intermittenza. Cessata l'eruzione, le due bocche del cratere si riempirono di acqua marina formando due laghetti. L'analisi di questi laghetti dimostrò che erano formati da acqua marina con sali ferrosi ed idrogeno solforato. All'isola furono dati vari nomi (Sciacca, Nertita, Corrao, Hotham, Giulia, Graham, Ferdinandea), ma ebbe una breve vita perché, flagellata dalle onde, scomparire negli abissi.
La grotta delle colombe
La Grotta delle Colombe si trova a Santa Maria La Scala (frazione di Acireale, in provincia di Catania) e raccoglie due leggende. In base alla prima tale grotta era il rifugio segreto dei due innamorati Aci e Galatea. L'altra racconta la storia della ninfa Ionia che curava dei colombi che ogni inverno si rifugiavano in questa grotta. Purtroppo altre ninfe invidiose ne ostruirono l'entrata facendo morire i colombi e suscitando la disperazione della ninfa che fece crollare la grotta rimanendo seppellita insieme ai suoi amici.
La leggenda della Zisa
A Palermo c’è il Palazzo La Zisa. Questo palazzo fu costruito al tempo dei pagani e custodiva i tesori dell’imperatore. Qui c’è un incantesimo per tutelare un tesoro nascosto costituito da monete d’oro. Tale incantesimo è stato fatto dai Diavoli che non vogliono che il tesoro sia preso dai Cristiani. All’entrata della Zisa ci sono dipinti dei diavoli: chi li guarda nel giorno della festa dell’Annunziata (25 di marzo) vede che essi si muovono e non si finisce di contarli. Non si conosce neanche l’esatta quantità delle monete e nessuno è mai riuscito a prenderle.
Il terremoto del 1693
A questo cataclisma sono legate due leggende catanesi: quella di "Don Arcaloro" e quella del vescovo Carafa.
La prima narra che nella mattina del 10 gennaio 1693 si presentò al palazzo del barone catanese Don Arcaloro Scamacca una fattucchiera locale che gridò a Don Arcaloro di affacciarsi perché gli doveva dire una cosa di grande importanza. Don Arcolaio ordinò che la facessero salire. La vecchia strega confidò al barone che quella notte aveva sognato Sant’Agata che supplicava il Signore di salvare la sua città dal terremoto, ma il Signore a causa dei peccati dei catanesi rifiutò la grazia. Il Barone si rifugiò in aperta campagna, dove attese che la profezia della strega si verificasse.
Un vecchio quadro settecentesco di Salvatore Lo Presti rappresenta il barone con l’orologio in mano in attesa dell’evento.
La seconda leggenda è quella del vescovo di Catania Francesco Carafa, capo della diocesi dal 1687 al 1692. La leggenda dice che questo vescovo, mediante le sue preghiere, era riuscito per ben due volte a tenere lontano dalla sua città il terremoto. Ma nel 1692 egli morì e l’anno dopo Catania fu distrutta. L’iscrizione posta sul suo sepolcro ricorda proprio tale evento ed il ruolo incisivo delle sue preghiere.
Le tradizioni religiose
La leggenda della messa interrotta
Riguarda la distruzione di Gulfi (Rg) nel 1299.In base a tale leggenda, dei soldati francesi penetrarono nella Chiesa dell’Annunziata uccidendo i fedeli ed il sacerdote interrompendo la messa durante l’elevazione del calice per poi andare a godere dei frutti del loro saccheggio. Allo scoccare della mezzanotte si sentì suonare messa nella stessa Chiesa ed appare il prete col calice in mano seguito da tutti i fedeli. Come trascinati da una forza misteriosa, tutti i soldati francesi entrarono in Chiesa insieme ai fedeli uccisi, la messa ricominciò dal punto in cui era stata interrotta; alla fine un turbine scosse la Chiesa e fece aprire una voragine nel pavimento dove precipitarono tutti i soldati francesi, voragine che poi si richiuse su di loro.
La leggenda del vascellazzu
Grazie ai Vespri siciliani Messina e Palermo si liberano dal dominio Angioino chiamando come re della Sicilia, nell’ordine, Pietro III d' Aragona, Giacomo e Federico II d'Aragona. Prima della pace di Caltabellotta, gli Angioini cercarono di riconquistare le città perdute, soprattutto Messina. Roberto D'Angiò, per conquistare tale città, mandò il suo esercito a Catona e assediò Reggio Calabria, in modo da bloccare gli aiuti per Messina che al momento era governata da Federico II D'Aragona. La città soffriva una grossa crisi alimentare. Nicolò Palizzi suggerì di andare da Alberto da Trapani, già considerato Santo per dei grandi prodigi che aveva effettuato. Il giorno seguente, Federico II e la sua corte si diressero alla Chiesa del Carmine in cui Sant'Alberto celebrava la messa. Egli cominciò a pregare ed alla fine delle sue preghiere una voce dal cielo gli confermò che le sue preghiere erano state esaudite: si videro arrivare tre navi i cui equipaggi scaricarono del grano. I messinesi si convinsero che le navi fossero state mandate dalla Madonna. L’evento determinò la nascita della tradizione del "vascelluzzo". Tutti corsero ai piedi del Santo per ringraziarlo, lui li benedì e lì esortò a credere in Dio e nella Madonna della Lettera. Qualche giorno dopo arrivarono altre quattro navi cariche di vettovaglie. Roberto d'Angiò capì che non poteva più sconfiggere la città per la fame e si convinse ad arrendersi e stabilì un trattato di pace con Federico II D'Aragona La leggenda narra che in quei giorni accadde un altro prodigio: una signora vestita di bianco passeggiava sugli spalti delle mura con lo stendardo di Messina, un francese lanciò una freccia contro di lei ma la freccia ritornò indietro. Anche in questa occasione la Madonna della Lettera difese Messina. Sant'Alberto morì nel 1307. Quando Federico II fece alloggiare i suoi cavalli nel convento del Carmine, trasformando in stalla la chiesa in cui era il Santo era sepolto, un male misterioso portò alla morte i cavalli ed i soldati. Aprendo la tomba di Sant'Alberto, questi fu trovato in ginocchio per chiedere la punizione per i profanatori.
Il miracolo di Suor Eustochia Calafato
Tale miracolo avviene a Messina, esattamente nel monastero di Montevergine ed al cadavere di tale suora morta del 1491: le crescono le unghie e i capelli che ogni anno, nel giorno a lei dedicato, le vengono tagliati. Esmeranda Calafato nacque nel 1837. Nonostante fosse una ragazza molto bella ed appartenente ad una ricca famiglia, si dedicava esclusivamente alla vita spirituale. Nell'adolescenza un giovane signore si innamorò di lei, ma la ragazza, per evitare le tentazioni, entrò nel monastero di Basicò. Non contenta delle ristrettezze e della vita spirituale di quel monastero, ottenne dei soldi da un ricco zio per fondare il monastero di Montevergine. Si dice che il suo spirito avverta le suore della loro prossima morte parecchie settimane prima attraverso un rumore cupo.
La Madonna dei Mirti
Nella campagna di Villafranca Sicula (AG) esiste una chiesetta dedicata alla Madonna dei Mirti la cui origine è spiegata da una leggenda locale. Un vecchio frate stava rientrando al suo convento di Bugio recando sul suo asinello due quadri sacri, di cui uno dedicato alla Madonna. Quando fu nei pressi del convento, si accorse di aver perduto proprio tale quadro.
Ritornando sui suoi passi, lo ritrova dentro un cespuglio di mirti. Arrivato al convento raccontò agli altri frati l’avventura; ma, quando volle mostrare il quadro in questione, esso scomparve per la seconda volta per essere nuovamente ritrovato dentro lo stesso cespuglio di mirti.Si capì che la Madonna voleva essere onorata in quel punto e così fu costruita la chiesetta.
San Corrado Gonfalonieri
Il Santo Patrono di Noto è tale santo d’origine piacentina che si ritirò a vita eremitica a Noto, dove visse dal 1343 fino alla morte nel 1351.Ttra i suoi miracoli c’è quello di avere allargato la sua grotta a forza di spallate Si dice che le campane delle chiese, alla sua morte suonarono da sole.

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