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martedì 19 marzo 2013

C’è vita in fondo alla Fossa delle Marianne


Localizzata a Nord-Ovest dell’Oceano Pacifico e ad Est delle Isole Marianne, si trova ilChallenger Deep, ovvero il punto più profondo dei nostri oceani. Il Challenger Deep fa parte di una lunga depressione chiamata Fossa delle Marianne, che prende il nome dalla vicinanza con le omonime isole, a loro volta chiamate così in onore di Mariana d’Austria, vedova di Filippo IV di Spagna. L’ultima rilevazione del 2009, effettuata grazie al robotNereus, indica la profondità di 10.902 m.
Il XX secolo è stato testimone di importanti scoperte proprio su quelle coordinate 11° 21' nord di latitudine e 142° 12' est di longitudine. Diversi scienziati si sono pronunciati e hanno studiato quella parte di oceano cosi profonda e buia, ma decisamente particolare. Questa zona dell’oceano fu scoperta nel 1521 da Ferdinando Magellano.
La fossa è delimitata dall’incontro di 2 placche tettoniche, in una zona di subduzione dove la placca Pacifica si insinua sotto la placca delle Filippine. Forma un arco di circa 1580 miglia nautiche, equivalenti a 2550 chilometri. I primi rilievi effettuati in quel tratto di oceano risalgono al 1899, e indicarono un punto a Sud-Est di Guam con una batimetria di 9660 metri. Per più di 50 anni quello fu il punto più profondo degli oceani, conosciuto come NERO DEEP. Nel 1957, durante l’Anno Geofisico Internazionale, il vascello battente bandiera Sovietica, Il VITJAZ, riusci a misurare una profondità di 11.034 m.Foto2
Ma fu proprio nel gennaio del 1960, esattamente il giorno 23 alle ore 13:06 che, grazie ad un’immersione senza alcun precedente, che il batiscafo TRIESTE II della U.S. Navyraggiunse la profondità segnata a bordo di 11.521 metri, poi rettificata a 10.916 metri. A bordo il Tenente di Vascello Don Walsh e l’oceanografo Jacques Piccard, figlio di un noto fisico, August Piccare. E fu proprio grazie agli studi del padre che il giovane Piccar poco più che ventenne, riusci a costruirsi presso i cantieri navali di Trieste il batiscafo che poi intitolò proprio alla città Giuliana.
Cinque ore per arrivare sul fondo; il batiscafo utilizzava palle di cannone come zavorra e benzina per il galleggiamento. La pressione sul batiscafo sul fondo era di circa 1100 Kg per cm2 (in acqua ogni 10 metri la pressione aumenta di 1 atmosfera, ovvero di circa 1 Kg per cm2). Si seppe solo tempo dopo che un oblò del batiscafo si crinò proprio per la forte pressione.
Dopo nessun uomo è più sceso a quelle profondità. Sono passati più di 50 anni, ma soltanto lo scorso anno (nel 2009 ndr), grazie al NEREUS, vi fu la possibilità di seguire l’intera immersione del sottomarino-robot, guidato da un cavo a fibre ottiche, grazie a delle telecamere installate all’esterno del telaio. Nereus lungo 4.5 metri ha anche la possibilità di raccogliere campioni di rocce e sedimento.
Foto3Da un intervista rilasciata al giornalista Gianni Roghi nel 1960, Jacques Piccard dichiarò <Il fondo è di un fango bianco-grigio…vedevamo attraverso l’oblò di plexiglass accendendo i fari. L’acqua era limpidissima, la temperatura era di 3.5°C, invece all’interno del batiscafo vi erano 8-10°. Rimanemmo sul fondo venti minuti. Fummo inoltre straordinariamente fortunati perché potemmo vedere due animali, un gambero e una specie di sogliola. Quest’ultima potei osservarla per circa un minuto. Non aveva l’aspetto di un pesce abissale (…) ma era proprio come una sogliola comune, lunga una trentina di centimetri, bianca. Nuotava adagio, vicino al fondo, forse in cerca di cibo, poi sparì nel buio, oltre il raggio della nostra lampada>. Questa scoperta ha destato un grande interesse nel mondo dei biologi marini perché mai (…) si era saputo che a tali profondità vivessero animali marini superiori.
Il Tenete di Vascello Don Walsh invece affermò che l’impresa era riuscita ma che la cosa più importante per lui era stata quella di aver avvistato forme di vita ad 11.000 metri di profondità… <Una volta che si scende sotto i 150 metri di profondità, c’è l’oscurità totale. Di solito non c’è molta vita marina a 250 miglia da terra>”.
A ricordo di quella spedizione venne lasciata sul fondale una bandierina americana all’interno di un recipiente di plastica che fu lasciata affondare appena il batiscafo emerse.
Una curiosità è legata all’immersione di Piccard: la famosa casa produttrice Svizzera di pregiati orologi da polso Rolex ancorò allo scafo del Trieste un orologio impermeabile, il primo mai prodotto, che fu così testato nella Fossa. Il giorno seguente la Rolex ricevette un telegramma firmato da Piccard con il seguente testo: <Sono lieto di confermare che anche ad 11.000 metri di profondità il vostro orologio è preciso come in superficie. Cordiali saluti>. Il che assicurò agli orologi svizzeri la fama di orologi adatti a situazioni estreme.

Immagine in alto: Jacques Piccard (di fronte) e Don Walsh (in basso) a bordo del batiscafo Trieste nel 1960

Foto4

Un’immagine del ROV NEREUS che nel 2009 ha raggiunto la profondità di 10.902 metri, raccogliendo parametri ambientali di grande interesse per la scienza

Foto5

Nonostante la mostruosa pressione, alcuni organizmi si sono adattati a vivere perfino lì. Si tratta di colonie di batteri che riescono a sopravvivere a una pressione mille volte superiore a quella a livello del mare. La spedizione che li ha trovati è scesa nella Fossa delle Marianne e in quella di  Kermadec-Tonga, vicino alle isole Fiji. Lo studio è stato complicato dalla necessità di studiarli sul luogo, perché è impossibile che possano sopravvivere in superficie costruiti come sono per un ambiente tanto diverso.
Gli scienziati hanno inoltre scoperto che proprio nelle fosse i batteri si concentrano in numero superiore che nelle acque meno profonde circostanti, che sono quindi veri e proprio “hot spot” d’ell’attività batterica alle grandi profondità. Anche i video girati nel tempo hanno confermato come quegli abissi siano abitati per lo più da microbi, forme di vita più grandi sembrano rare e occasionali

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